Archivio mensile:Gennaio 2008

«Omega-3», aiuto naturale per tenere lontano l’infarto

La correlazione tra alimentazione ed incidenza di patologie cardiovascolari e’ ormai universalmente riconosciuta. In particolare, studi clinici e ricerche epidemiologiche hanno accertato una stretta dipendenza tra elevati livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue (iperlipidemie) ed incidenza di aterosclerosi ed infarto cardiaco. Il ruolo giocato dall’alimentazione emerse chiaramente da uno studio condotto nel 1978 da due ricercatori danesi, Dyeberg e Bang. Essi osservarono che l’incidenza delle malattie cardiovascolari era particolarmente ridotta nella popolazione degli eschimesi: i decessi per infarto, in Groenlandia, si attestavano intorno al 5.3%, mentre negli USA erano pari al 40.4%. La componente genetica era esclusa; infatti, eschimesi emigrati in America del Nord che si erano integrati nel tessuto sociale di quel Paese e che avevano adottato il regime alimentare locale, presentavano un tasso di incidenza di coronaropatie del tutto paragonabile a quello della popolazione americana. La protezione degli eschimesi contro aterosclerosi e trombosi risulto’ legata alla loro dieta estremamente ricca di pesce e di particolari grassi in essi contenuti: gli acidi grassi polinsaturi “OMEGA-3”. Gli “omega 3” appartengono alla famiglia dei grassi “polinsaturi”. In natura, i grassi possono essere suddivisi in acidi grassi saturi, insaturi e polinsaturi. I grassi presenti nel corpo umano possono derivare dagli alimenti o, nel caso degli acidi grassi “saturi” ed “insaturi”, essere prodotti dall’organismo stesso. I mammiferi non possono sintetizzare invece alcuni acidi grassi “polinsaturi” che, quindi, devono essere necessariamente introdotti con la dieta; per tale ragione essi vengono definiti “essenziali”. Tra gli acidi grassi essenziali abbiamo l’acido linolenico (precursore di tutti gli omega 3) presente negli oli di semi verdi di lino, ravizzone e soia e altri OMEGA-3, contenuti soprattutto nel pesce. Tra gli OMEGA-3 di derivazione ittica, i piu’ importanti ed efficaci sono i cosiddetti EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico). Gli OMEGA-3 sono componenti di tutte le membrane cellulari e sono impiegati nella formazione di sostanze (prostaglandine, trombossani e leucotrieni) coinvolte in numerose ed importanti reazioni cellulari. Essi modificano alcuni parametri biologi: abbassano i trigliceridi nel sangue, aumentano i livelli di colesterolo buono (HDL), diminuiscono lievemente la pressione e riducono i fenomeni che favoriscono trombosi ed aterosclerosi. EPA e DHA quindi non agiscono solo sul distretto lipidico (trigliceridi e colesterolo) ma modulano anche l’intera cascata di fattori coinvolti nell’aterosclerosi, riducendone i fattori negativi ed aumentandone quelli positivi. L’importanza fondamentale degli OMEGA-3 nella prevenzione delle malattie cardiovascolari risulta documentata con dovizia di argomentazioni e riscontri sperimentali. Un contributo importante al chiarimento del ruolo protettivo svolto dagli OMEGA-3, tramite il consumo di pesce, deriva dallo studio (MRFIT) in cui si e’ dimostrata una correlazione inversa e significativa tra l’assunzione di pesce e la mortalita’ per cause cardiovascolari. I dati emersi da un’indagine di prevenzione secondaria, compiuta su oltre 2000 soggetti maschi britannici sopravvissuti ad infarto acuto, indicano una riduzione del 29% della mortalita’ cardiovascolare (studio DART), a seguito di assunzione di OMEGA-3. Una corretta alimentazione, spesso disattesa dalle abitudini alimentari dei Paesi occidentali, dovrebbe dunque prevedere un adeguato quantitativo di pesce, in particolare di pesce azzurro. I derivati ittici che risultano infatti piu’ ricchi in OMEGA-3 sono sgombri, triglie, sarde, aringhe, tonno e molti altri. I preziosi “OMEGA-3” sono tuttavia facilmente “degradabili” per cui, per ottenere il massimo rendimento in OMEGA-3 dal pesce, si deve ricorrere a precauzioni importanti. Innanzitutto il pesce non deve essere di allevamento, deve essere fresco e consumato al piu’ presto e l’ideale e’ consumarlo crudo o cotto il meno possibile (le temperature elevate o le cotture prolungate distruggono gli OMEGA-3). Gli OMEGA-3 sembrano invece non risentire particolarmente della surgelazione. Chi non ama questo alimento o non riesce ad introdurne in quantita’ adeguata puo’ ricorrere all’ausilio di alimenti rinforzati con OMEGA-3 o, meglio ancora, ad integratori a base di olio di pesce.

Fonte: La Stampa 31-01-2003

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Asma: olio di pesce previene costrizione vie aeree da esercizio

L’aggiunta di integratori a base di olio di pesce nella dieta dei soggetti asmatici può prevenire la broncocostrizione dovuta all’esercizio (EIB), un problema molto comune in questo gruppo di pazienti. In precedenza era stato dimostrato che gli integratori a base di olio di pesce possono migliorare la funzionalità polmonare negli atleti d’elite con EIB, ma il loro uso in asmatici che presentano questo disturbo non era stato ben studiato. I dati del presente studio suggeriscono che gli integratori a base di olio di pesce possano essere utili in questi pazienti: i loro effetti risultano mediati dalle capacità antinfiammatorie dell’olio di pesce. Nel presente studio, tuttavia, i pazienti hanno ricevuto 20 capsule al giorno di olio di pesce, e questo elevato dosaggio potrebbe portare a problemi di aderenza alla terapia: sono dunque in programma studi sui dosaggi della terapia, che potrebbero dimostrare l’efficacia anche di dosaggi molto inferiori.Chest 2006; 129: 39-49
Fonte: Farmacista33

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Cancro, l’ Ist ‘esporta’ cura a base di olio di pesce

Successo per il trattamento nutrizionale per malati di tumore lanciato dal reparto di Gastroenterologia e Nutrizione Clinica dell’ Ist di Genova. «A un solo mese dall’ avvio del progetto abbiamo ricevuto più di 50 chiamate da tutta Italia e dall’ estero», dice il responsabile del reparto Attilio Giacosa. Il progetto, fondato sulla somministrazione di un mix a base di Epa (uno degli acidi grassi polinsaturi “omega 3” dell’ olio di pesce), è stato avviato dopo una ricerca internazionale durata 5 anni. «Elimina le perdite di peso», dice Giacosa, «migliorando la qualità della vita dei pazienti che conservano energie e massa muscolare».

Fonte: Repubblica — 07 agosto 2003

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Cervello: nel piatto cibo salva-neuroni, così la testa non invecchia

Il pesce prima degli esami torna in auge. La motivazione era forse scorretta (l’ utilità del fosforo è stata messa in dubbio). Ma sull’ effetto finale, generazioni di mamme di studenti avevano visto giusto.

Fernando Gomez-Pinilla, un neuroscienziato dell’ università della California a Los Angeles, ha infatti passato in rassegna 160 studi sul rapporto fra cibo e cervello e ha pubblicato su Nature Reviews Neuroscience lo studio più completo su come la dieta possa influenzare capacità cognitive e memoria.

A passare l’ esame sono soprattutto gli omega-3, acidi grassi di cui sono ricchi pesci, kiwi e noci. Sono uno dei mattoni principali delle membrane che circondano i neuroni. Attraverso di esse, come una dogana, passano tutti i segnali che le cellule del cervello si trasmettono quando devono calcolare, ragionare, ricordare, provare emozioni, trasmettere ordini ai vari muscoli del corpo.

Quando nel 2007 la pediatra Sheila Innis dell’ università di Vancouver ha pensato di prendere un gruppo di bambini tra i 6 e i 12 anni e di fornirgli un supplemento quotidiano di omega-3, i loro risultati scolastici sono migliorati. I 396 scolari australiani e i 394 indonesiani coinvolti nell’ esperimento hanno ottenuto voti più alti nei compiti di abilità verbale e apprendimento mnemonico.

Ma uno studio simile, svolto a Durham, è stato criticato perché aveva ricevuto finanziamenti da una ditta produttrice di omega-3. «Questi acidi grassi – conferma comunque Gomez-Pinilla – sono importanti per la formazione di molte molecole che migliorano la memorizzazione». Di fronte al rischio di esagerare le virtù di questo o quel nutriente, il presidente dell’ Istituto italiano di ricerca per gli alimenti e la nutrizione Carlo Cannella fa presente: «Mangiare pesce due volte a settimana, o tre nel caso dei bambini, fa sicuramente bene. Assumere omega-3 sotto forma di integratori alimentari può essere un rischio.

Esistono infatti dei tetti che non vanno superati, e prima di entrare in farmacia è bene farsi dare consigli dal medico». Come dimostra la rapidità con cui il pesce inizia a puzzare, gli acidi grassi che arrivano dal mare sono molecole poco stabili, e tendono a degradarsi con facilità. «Se mettiamo gli omega-3 nel latte – prosegue Cannella – creiamo un accostamento innaturale. Mangiare un bel pesce rimane la soluzione più conveniente». Non di solo pesce è comunque fatto il menù del cervello. E se si va a cercare sulla cartina del mondo il paese meno afflitto dal morbo di Alzheimer, è in India che si va a finire. Gomez-Pinilla lega la circostanza alla diffusione di una spezia usata per conservare e insaporire i cibi: la curcuma. «La curcumina, il principio attivo di questa spezia, protegge le cellule del cervello perché è un forte antiossidante». Se gli omega-3 fluidificano il traffico delle informazioni fra i neuroni (e sono indicate per i bambini che vanno a scuola), gli anti-ossidanti frenano il decadimento del cervello durante la terza età. Accanto alla curcuma, utili per puntellare la memoria che perde colpi sono i flavonoidi di vino rosso, cioccolato fondente e tè verde e le vitamine C ed E (agrumi, noccioline e olii vegetali).

L’ acido folico di spinaci, lievito e succo d’ arancia gioca il suo ruolo nella stabilizzazione dell’ umore, mantenendo a distanza alcuni tipi di depressione. Uno studio pubblicato su Lancet l’ anno scorso mostrava come questo composto fosse anche in grado di rallentare il declino cognitivo negli anziani. Se il cibo fornisce al corpo energia, e l’ organo che più ne brucia è il cervello, è normale che fra alimentazione e intelletto si stabilisca un rapporto privilegiato. «Il cibo è come un farmaco per il nostro organo del pensiero», spiega Gomez-Pinilla. Secondo lui, durante l’ evoluzione umana il volume del cervello avrebbe iniziato a espandersi proprio quando i nostri antenati cominciarono a nutrirsi con grandi quantità di acidi grassi del tipo Dha, che l’ organismo non è in grado di sintetizzare da solo e deve prendere dai cibi.

Alcune carenze dietetiche, secondo il neurologo di Los Angeles, si potrebbero in parte spiegare anche con una carenza alimentare. In una tabella del suo studio appare infatti che Germania, Stati Uniti e Canada – i paesi con il più basso consumo di pesce – sono anche quelli maggiormente toccati dalla depressione. All’ importanza della dieta per il cervello, Gomez-Pinilla aggiunge quella di un ricco sonno (durante il quale si consolidano i ricordi e si rafforza la memoria) e dell’ attività fisica. Era da qui che il neurologo aveva iniziato i suoi studi sulla salute dell’ organo del pensiero. Salvo finire, dopo la ginnastica, su una tavola imbandita in cui, a guardare bene, neanche alla gola si fa mancare nulla.

Fonte: Repubblica — 21 luglio 2008

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