Omega 3, i grassi buoni che curano

Proteggono il cuore, sono antidepressivi e un valido alleato degli sportivi.
Salmone, tonno, merluzzo, sardine. Quanti li mangiano regolarmente?

Sono i pesci “angeli custodi” del cuore. E il merito è tutto degli acidi grassi Omega 3 (Dha e Epa) in grado di prevenire malattie cardiocircolatorie anche gravi: arrivano a ridurre la mortalità per queste patologie di circa il 10 per cento.

Giocano così un ruolo cruciale nella prevenzione dell’aterosclerosi, degli infarti, ma anche della depressione, del cancro, della colite ulcerosa, del diabete 2 e dell’artrite reumatoide. E se non bastasse, un ulteriore motivo per mangiare pesce c’è: gli Omega 3 sono anche un «salva-cervello», poiché svolgono un’azione importantissima nel metabolismo cerebrale.

Merito del loro valore anti-infiammatorio, che studi attualmente in corso stanno dimostrando. Lo studio greco ATTICA, ad esempio, sta coinvolgendo 1514 uomini e 1528 donne: si è già visto che circa il 90 per cento dei partecipanti mangia pesce almeno una volta al mese, e quelli che si attestano intorno ai 300 g la settimana presentano livelli più bassi (di oltre il 33%) di ben cinque parametri infiammatori rispetto a chi ne mangia di meno.

Uno dei ricercatori, Demosthenes Panagiotakos, ha detto all’American College of Cardiology che questi risultati dovrebbero già spingere i medici a consigliare ai propri pazienti di mangiare più pesce, in particolare il pesce azzurro di piccola taglia, come le sardine, che vanno consumate con le lische e non fritte.

Il principale autore dello studio, Antonis Zampelas, suggerisce che per ottenere più benefici potremmo ricorrere a integratori di Omega 3 in modo da arrivare ad assumerne 600 mg. al giorno. Quanto ai pesci freschi, il salmone contrasta molto bene l’invecchiamento, purché risulti di qualità incontaminata. Attenzione quindi che il pesce provenga da mari freddi e che abbia subito una procedura di distillazione molecolare d’alta qualità: è l’unico modo per garantire l’assenza di metalli pesanti come il mercurio.

«La membrana, quando presenta un’alta concentrazione di acidi grassi essenziali, conferisca fluidità alla cellula; le cellule, a loro volta, garantiscono fluidità agli organi e, proseguendo in questo suggestivo percorso si giunge alla fluidità dell’intero organismo, della trasmissione dell’informazione neurologica, degli impulsi cardiaci, della comunicazione tra i neuroni e quindi anche alla fluidità del pensiero», scrive il dottor Fabrizio Duranti nel libro «Le 100 regole del benessere» (Sperling & Kupfer).

E indica i valori dettati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana, che ha stabilito un fabbisogno quotidiano compreso tra 0,8-1,5 g di Omega-3, a secondo dell’età e del sesso.
Per raggiungere un benessere psicofisico e per aumentare le prestazioni a livello sportivo i dosaggi sono maggiori: 1-2 g di un complesso EPA/DHA il cui rapporto dovrebbe essere di circa 2:1, meglio se sotto forma di gliceridi naturali.
Ancora più elevate le dosi per ottenere benefici terapeutici, ma su indicazioni mediche.

Omega 3, l’anti-infiammatorio degli sportivi: questi acidi grassi sono stati anche presi in esame durante un congresso medico-scientifico dedicato alle novità per la corretta nutrizione degli sportivi e la cura dell’obesità che si era tenuto a Empoli. «Molti atleti oggi assumono abitualmente Omega 3 – fa notare il professor Enrico Arcelli, dell’Università di Milano .

La ragione per la quale di solito lo fanno, è che questi acidi grassi hanno uno spiccato effetto antinfiammatorio. Ci sono, ad ogni modo, vari altri effetti positivi determinati negli atleti dall’utilizzo degli acidi grassi Omega 3. Il professor Giuliano Fontani del Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Siena e i suoi collaboratori, per esempio, hanno constatato che migliorano in misura significativa lo stato dell’umore; l’olio di pesce, in particolare, determina una diminuzione della depressione, dell’ansia e dell’aggressività.

Questi stessi studiosi hanno dimostrato che gli Omega 3 sono altresì in grado di migliorare l”attentività; c’è soprattutto una riduzione dei tempi di reazione complessi, tanto importanti in molti sport, a partire dai giochi di squadra».

Fonte: La Stampa 9/2/2009 Rubrica “Antiaging: giovani a lungo”

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