Archivi tag: dieta

Vuoi dimagrire con gli Omega-3?

diamgrire omega-3Da molti studi scientifici è emersa una determinante perdita di peso e una riduzione della circonferenza dei fianchi dei soggetti cui sono stati somministrati gli omega-3, in associazione a un regime dietetico ipocalorico e all’esercizio fisico.

I preziosi acidi grassi essenziali omega-3 ci fanno dimagrire perché:

1. stimolano l’utilizzo dei grassi di deposito

2. regolano l’insulina, ormone che se in eccesso provoca l’ingrassamento

3. riducono l’infiammazione cellulare nel tessuto adiposo, in modo che le cellule adipose non vengano stimolate a proliferare

4. riducono la sensazione della fame.

Per ottenere questi effetti dimagranti dagli omega-3 il famoso biochimico americano Barry Sears consiglia di assumere quotidianamente almeno 5 grammi di un integratore ad alta purezza e certificazione certificato Ifos (equivalenti ad 8 capsule di omega-3 PGFO A-M B-Well oppure 1 cucchiaio da tavola da 8 ml. di Liquid Gold).

Come esempio nei suoi libri Sears porta il caso del messicano Manuel Uribe, entrato nel Guinness dei primati nel 2006 come l’uomo più pesante del mondo.

Grazie alla dieta a zona inventata da Sears e 20 grammi al giorno di omega-3 Manuel Uribe è riuscito a dimagrire e a non essere più soggetto ad attacchi di fame.

Nel 2011 Manuel Uribe e sceso fino ad un peso di 196 kg perdendo cosi oltre 360 kg in circa 5 anni.

 

>> Post più visto:
Gli integratori di Omega-3 fanno male?

I benefici del pesce: La dieta antinfiammatoria

Un recente simposio, organizzato dalla prestigiosa Columbia University e che ha raccolto i più qualificati studiosi internazionali degli acidi grassi, ha confermato che esistono sufficienti evidenze sul ruolo antinfiammatorio degli acidi grassi polinsaturi della serie omega 3, presenti nelle verdure e nel pesce. Una dieta a basso contenuto di calorie, vegetariana e con pesce è dimostrato che ha positivi effetti su malattie infiammatorie autoimmuni come l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla e la malattia infiammatoria intestinale.
Il controllo dell’infiammazione per via alimentare è poi di grande utilità anche in altre patologie apparentemente diverse, come le demenze, l’Alzheimer in particolare. Sempre gli studiosi convocati dalla Columbia University, le cui conclusioni sono state pubblicate dall’American Journal of Clinical Nutrition, ricordano che il consumo di pesce è protettivo verso il declino cognitivo ed è associato a un ridotto rischio di Alzheimer. Anche nell’Alzheimer, infatti, l’infiammazione svolge un ruolo cruciale nella formazione e nella progressione della placca, costituita da ammassi di frammenti proteici e da cellule immunitarie infiltrate in questi depositi che alterano la normale attività cerebrale. Placca infiammata che ritroviamo anche nelle arterie e che è alla base della aterosclerosi e del conseguente rischio cardio e cerebrovascolare.
Ma che relazione molecolare c’è tra alimentazione e infiammazione? Perché una dieta ricca di carne rossa e formaggi può incrementare l’infiammazione, mentre una dieta ricca di verdura e di pesce può avere un effetto opposto? Perché i grassi contenuti nei diversi alimenti vanno a comporre la membrana delle nostre cellule, che è costituita da colesterolo e da acidi grassi agganciati a una molecola complessa che si chiama fosfolipide. Se la nostra dieta è ricca di carne rossa e formaggi, anche la membrana delle nostre cellule sarà più ricca di colesterolo e di acidi grassi polinsaturi della serie omega 6: da questi ultimi e in particolare da un acido grasso, che si chiama arachidonico, si formano potenti sostanze infiammatorie, utili se mantenute in un rapporto equilibrato con altre sostanze meno infiammatorie derivate dagli acidi grassi omega 3, pericolosissime se in eccesso. Secondo alcuni studi, il rapporto giusto tra omega 6 ed omega 3 dovrebbe essere 4 a 1; la membrana delle cellule di un tipico cittadino occidentale di regola presenta un rapporto che è 15 a 1. Differenza non lieve che potrebbe spiegare la notevole diffusione delle patologie a base infiammatoria nei paesi ricchi.
Ma anche in questo caso è opportuno chiarire che quel rapporto ottimale potrebbe non esserlo per alcune persone, per esempio per bambini e in generale per giovani in crescita. L’elevato consumo di acidi grassi della serie omega 3, infatti, ricordano gli esperti americani, potrebbe avere un effetto nella crescita ritardandola. Perché? Perché l’osso in crescita è stimolato da sostanze infiammatorie. Così, se una persona ha un sistema immunitario che produce con difficoltà una risposta infiammatoria verso i patogeni, potrebbe non essere positiva una dieta troppo squilibrata verso gli omega 3.
Da questi studi emerge quindi che non esiste una dieta valida in assoluto, ma che è necessario ricercare un’alimentazione ritagliata su quella che una volta si chiamava “diatesi” individuale e che oggi potremmo chiamare costituzione genetica. Non per soccombere ai geni, ma per interagire con l’informazione che contengono, con l’obiettivo di guidarla.
(Fonte supplemento “Salute” de La Repubblica 01/02/2007 pag. 12

>> Post più visto:
Gli integratori di Omega-3 fanno male?

Obesi e depressi non mangiano pesce

Obesi e depressi non mangiano pesce: lo rileva una ricerca fatta da un’equipe medica su 800 pazienti in sovrappeso e presentata a Rimini.

Secondo l’indagine illustrata dal dott. Vercilli, il 96,4% del campione ha dichiarato di non mangiare mai o quasi mai pesce a cena (a pranzo il consumo e’ ridottissimo); il 3,6% lo mangia 3-4 volte la settimana, nessuno sempre o quasi sempre.

Ad aiutare a combattere la depressione c’e’ il pesce azzurro grazie alla presenza dei grassi polinsaturi ‘Omega 3’.

Fonte: ANSA (07/12/2003)

>> Post più visto:
Gli integratori di Omega-3 fanno male?

Dieta e umore

Un sistema serotoninergico poco attivo è associato a un precoce “indurimento” delle arterie o, altrimenti detto, uno stato depressivo tende a predisporre allo sviluppo dell’aterosclerosi, e a un aumento del rischio di infarto, ictus e soprattutto di trombosi alla carotide. È quanto risulta da uno studio presentato alla Conferenza della Società americana di medicina psicosomatica in corso a Denver da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pittsburgh diretti da Matthew F. Muldoon. La correlazione, peraltro, non è dovuta a un diretto legame biochimico fra i due processi patologici, quanto piuttosto agli stili di vita che una persona sofferente di depressione tende ad adottare e che moltiplicano i suoi fattori di rischio.
Un’altra ricerca svolta presso la stessa università e coordinata da Sarah Conklin ha poi rilevato che una dieta ricca di acidi grassi polinsaturi omega-3 – che svolge un’azione protettiva nei confronti dello sviluppo di patologie cardiovascolari – sembra essere in grado di alleviare i sintomi nei disturbi dell’umore lievi. In questo caso lo studio era nato dall’osservazione che i livelli ematici di questi acidi grassi appaiono sistematicamente più bassi del normale nei pazienti affetti da depressione, disturbo bipolare e schizofrenia. Ciò, però, come è stato rilevato dalla ricerca di cui si è detto in precedenza, potrebbe essere legato agli stili di vita, conseguenti alla patologia, mentre è ancora tutto da spiegare come e perché un aumento di questi composti nella dieta possa in qualche modo influire sull’umore.
Una buona dieta sembra dunque utile per prevenire l’aterosclerosi e per cercare di difendersi dai disturbi dell’umore, mentre curare la depressione appare molto importante per ridurre il rischio di accidenti cardiovascolari. La situazione appare peraltro complicata da un terzo studio, condotto presso la Duke University, secondo il quale l’uso di antidepressivi in persone già sofferenti di patologie cardiache potrebbe aggravare la loro situazione. Va detto tuttavia che, per ammissione degli stessi autori della ricerca, questi ultimi dati non sono conclusivi e necessitano di ulteriori indagini. Tanto più che la sospensione di una terapia antidepressiva, aumentando i livelli di stress e inducendo una minore attenzione verso le proprie esigenze di benessere, potrebbe ripercuotersi negativamente sulla situazione cardiaca. Per ora, il consiglio rivolto ai medici per i pazienti depressi con grossi problemi di cardiopatia è stabilire con attenzione terapie personalizzate e seguirne molto da vicino l’andamento.

Fonte: Le Scienze (07/03/2006)

>> Post più visto:
Gli integratori di Omega-3 fanno male?